Madonna col Bambino
Mino da Fiesole(Poppi, 1429 - Firenze, 1484)
Il rilievo alla fine dell’Ottocento era collocato sulla controfacciata della Collegiata entro un tabernacolo in pietra oggi perduto, che gli Ispettori dei Monumenti del Regno d’Italia non esitavano a definire «grandioso». L’impressione suscitata dall’insieme, oltre che dalle dimensioni, poteva derivare dall’impiego del vocabolario architettonico classico, che Mino doveva aver appreso fin dalla sua giovinezza nella bottega del Rossellino e successivamente affinato durante il suo soggiorno a Roma, concluso alla metà degli anni Sessanta. Il modello del grande tabernacolo eucaristico eseguito dallo scultore per la chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma (oggi in Santa Maria in Trastevere) lascia immaginare che anche l’edicola empolese fosse composta di mensola, basamento, lesene, trabeazione e timpano, tutti finemente intagliati all’antica. Al centro il gruppo sacro doveva spiccare per aristocratica grazia. Scolpita perlopiù a bassissimo rilievo, la figura della Vergine ha proporzioni allungate, spalle strette, collo esile e un volto a tratti delicati. Si tratta di un ideale femminile paragonabile ai modelli del Gotico internazionale piuttosto che alle robuste matrone di Donatello e Michelozzo e rispecchia i gusti della Firenze medicea di Piero il Gottoso e Lorenzo il Magnifico che segnarono la produzione di tutti i principali maestri fiorentini più aggiornati, da Piero del Pollaiolo al Verrocchio, fino ai giovani che furono attratti dalla loro maniera, come Botticelli, Ghirlandaio e Francesco Botticini.