Tabernacolo del Sacramento
Botticini Francesco (Firenze, 1446 - 1498)
Nella notte tra il 31 maggio e il 1° giugno del 1491 il grande ciborio, destinato all’altare maggiore della Collegiata, giunse a Empoli da Firenze, trainato da venti facchini. L’episodio, annotato da un cronista contemporaneo, descrive il lento procedere della grande macchina d’altare per le strade della città, fra la curiosità dei cittadini e dei villani, il brusio di meraviglia al primo cadere degli imballaggi e, infine, la sua collocazione sull’altare. Tanta attesa era anche motivata dal ritardo con cui l’opera era stata consegnata, rispetto a quanto previsto dal contratto di allogagione.
Il grande altare era stato infatti commissionato il 13 maggio del 1483 dalla Compagnia di Sant’Andrea a Francesco Botticini. L’individuazione del pittore non era stata immediata; il Tabernacolo era infatti destinato al «luogo più degno della chiesa», lì doveva essere collocato il Santissimo Sacramento, visibile immediatamente a chiunque entrasse in Collegiata, a sottolineare un preciso intento teologico.
Per questo motivo si fa riferimento a quattro uomini, che furono incaricati dalla Compagnia di Sant’Andrea di scegliere a chi affidare il gravoso compito. Questi sondarono probabilmente altre botteghe prima di scegliere quella di Francesco. A suo favore giocò inevitabilmente il fatto di essere un artista già noto a Empoli, ma anche l’intermediazione della famiglia Capacci, la stessa per la quale aveva realizzato qualche anno prima il Tabernacolo di San Sebastiano. Inoltre, prima della consegna, la complessa macchina d’altare fu sottoposta al giudizio di un gruppo di artisti formato da Domenico Ghirlandaio, Filippo di Giuliano, Neri di Bicci e Alesso Baldovinetti.
La nicchia centrale, inquadrata da due colonnine tortili su cui si imposta un’alta arcata, presenta un vano in cui doveva trovar posto il ciborio; ai lati sono effigiati, entro finte nicchie, sant’Andrea e san Giovanni Battista; nella predella, suddivisa in tre parti, sono rappresentati Il martirio di Sant’Andrea a sinistra, Il martirio di san Giovanni Battista a destra mentre al centro la scena, tripartita, mostra l’Ultima Cena tra la Cattura di Cristo e l’Orazione nell’orto. Di notevole pregio è la carpenteria, sottoposta nel tempo a nuove dorature, che mostra nella trabeazione il simbolo della croce sul monte Golgota, emblema della Compagnia di Sant’Andrea, e il calice eucaristico. Sugli angoli alla base ricorrono poi gli stemmi della medesima compagnia. Nel 1504, il tabernacolo fu oggetto di un intervento di Raffaello Botticini, figlio di Francesco, probabilmente volto a terminare qualche parte rimasta incompiuta, ma la cui entità non è meglio specificata dalle carte d’archivio. Le tavole dipinte sono tra le opere più rappresentative di Francesco nella fase estrema della sua attività, caratterizzata da richiami ai modi di Botticelli e Filippino Lippi resi in una forma più indurita e accademica.
Il tabernacolo fu rimosso nel 1623 in vista dell’ammodernamento dell’altare maggiore che portò alla commissione di un ciborio ligneo, oggi perduto, fiancheggiato dagli angeli custoditi oggi nel Museo e affidati a Felice Fiorentino. Nel 1819 era collocato nel Battistero e riferito a Domenico Ghirlandaio, in seguito entrò a far parte del primo nucleo della Pinacoteca.